12 novembre 2020 - 19:52

Scala, battaglia sullo streaming: lettera di richiamo al musicista controcorrente

La prima viola Danilo Rossi aveva chiesto pubblicamente di tornare a lavorare in streaming, rinunciando alla Cassa integrazione. I loggionisti hanno apprezzato, alcuni sindacalisti prendono le distanze

di Pierluigi Panza

Scala, battaglia sullo streaming: lettera di richiamo al musicista controcorrente
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La lettera inviata al Corriere, nonché un’intervista e alcuni post sul proprio sito Facebook costano una lettera di richiamo alla prima viola della Scala, Danilo Rossi, il professore d’orchestra che chiedeva pubblicamente di tornare a lavorare in streaming rinunciando alla Cassa integrazione. Semplificata così, la notizia ha del clamoroso: verrebbe punito chi vuol lavorare e chiede di rinunciare alla cassa integrazione, che paga lo Stato, cioè le tasse di tutti. I richiami di Rossi, rivolti soprattutto ai sindacati (solo in generale al teatro), sono stati pungenti. Nella lettera Rossi scriveva: «La verità è che qualcuno preferisce non lavorare», aggiungendo che «ai lavoratori non è stato chiesto nulla» di fronte alla decisione di non produrre a porte chiuse preferendo la cassa integrazione (che nel loro caso si chiama Fis, più un integrativo dal teatro). «Si pensa di andare avanti così fino a maggio, senza fare nulla? Ma è una vergogna».

Per i loggionisti quelle di Rossi sono parole giuste e intonate, basta leggere i commenti sul sito La voce del loggione. Meno per la Scala, che non ha gradito e lo ha richiamato. Non sappiamo invece quanto la sua «crociata» sia apprezzata dai colleghi che, a giudicare dalle stories che alcuni di loro pubblicano su Instagram sembrano più interessati all’autopromozione e a pubblicizzare marchi del fashion e del beauty che a suonare (e ciò non è del tutto in linea con il Codice etico del teatro).

Bisogna considerare che i lavoratori della Scala, come spesso avviene, si trovano in una condizione privilegiata rispetto ad altri ed è difficile pensare che rinuncino volentieri all’accordo raggiunto dai sindacati e dal teatro che, attraverso Fis e integrativo, consente loro di mantenere stipendio e posto di lavoro stando a casa. Lavorare online a teatro chiuso significherebbe tornare a ricevere uno stipendio dal teatro, senza che il teatro porti a casa gli introiti di biglietteria. Alcuni sindacalisti, come Francesco Lattuada della Cgil, giudicano «personalistica» la posizione di Rossi e non condivisibile. Tutto ciò va considerato alla luce, forse paradossale, che alcuni di loro svolgono attività privata (lezioni ed eventuali concerti) e oltre al lavoro di dipendenti del teatro restano a disposizione della Filarmonica della Scala, che è una associazione privata. La Filarmonica ha comunque annunciato la cancellazione della sua «prima» del 14 dicembre e per il programma futuro se ne riparlerà a gennaio.

Giovedì la direzione della Fondazione Scala avrebbe comunque fatto giungere a Rossi una lettera di richiamo sui contenuti delle sue dichiarazioni. La Scala sostiene di agire nella massima cautela anche se tra settembre e ottobre ci sono stati molti contagi nel coro. Si potrebbe poi sostenere che vi sia un valore etico nel lavorare e fare musica ad ogni costo, ma altri obietterebbero che la situazione pandemica non lo consente. Sebbene i Pomeriggi musicali, ad esempio, lavorino e trasmettano in streaming i loro concerti. La Scala, inoltre, ha contratti con la Rai che la vincolano. Di certo, per ora, il primo appuntamento sarà il «concertone» a porte chiuse (trasmesso dalla Rai) del 7 dicembre.

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